Dalle casalinghe di Voghera a “scrittrice” vera

Dalle casalinghe di Voghera a “scrittrice” vera

Di Lucio Pistis & Sandro Asebès©

 

Gli amanti del tempo, mixed media on paper, by Mary Blindflowers©

 

Non venire, ti amo” è un raccontino di Carmela Scotti, “scrittrice” finalista al Premio Calvino, un prestigioso premio in cui i partecipanti pagano per essere ammessi dalle 100 alle 120 euro. Il regolamento recita testuale: “Per testi inferiori alle seicentomila battute (spazi inclusi) la quota di iscrizione è euro 100,00. Per testi superiori alle seicentomila battute (spazi inclusi) la quota di iscrizione è euro 120,00”.

Leggere ed esser letti oggi costa. Non sono cose per tutti.

Siccome al mare oggi ci stiamo annoiando parecchio, incuriositi da quelli che la stampa ci propina come “nuovi talenti” narrativi, leggiamo e ci rendiamo immediatamente conto che “Non venire, ti amo”, è in sintesi un racconto completamente privo di trama, malamente intessuto su un ricordo autobiografico dell’autrice, completamente incapace di trascendere la traumatica, a suo dire, esperienza, di essere stata scaricata dal suo amato.

La protagonista sale su un treno mentre “gli uccellini cantano gonfiando il petto”, descrive i suoi respiri, i battiti del cuore, il sole-tuorlo, e di nuovo gli uccellini che cinguettano tra i rami. La donna pensa che quella mattina avrebbe dovuto prendere un altro treno per raggiungere il suo amore in Spagna. E invece proprio quella mattina, (le iterazioni allungano il racconto in inutili ripetitive nuances di noia), sì proprio quel mattino quando, ripete ancora una volta, gli uccellini cantano, il suo amore le scrive: “Non venire, non ti amo, ti ho scritto una lettera perché mi è mancato il coraggio di parlarti”. Successivamente l’autrice si abbandona al classico lamentio della donna abbandonata, allungando il brodino per ingannare i lettori circa l’esistenza di un canovaccio che non c’è. A parte le notazioni “ornitologiche”, la descrizione di sensazioni popolari che fanno leva sul fatto che molti lettori potrebbero essere amanti delusi, cosa rimane?

Che metafora è quella di una città con gli angoli della bocca piegati in  su in un largo sorriso? L’autrice oscilla nel vano tentativo di suscitare empatia nel lettore, dipingendo vacui contrasti tra la solarità della giornata e la tetraggine del rifiuto patito dall’amante via lettera. E risulta asfittico il tentativo di estenuare lo stillicidio della stasi generata dal no ricevuto con quella sosta protratta sulla panchina della stazione di destinazione.

Non registrabile alcuna trama ovvero ordito in questa descrizione sciatta e uniforme dell’abito indossato e del contorno atmosferico. Sono orpelli appiccicati ad un vissuto che viene descritto senza genio e s’impantana nel banale. Risibile  risulta l’ossimoro tra lo splendore della giornata che si giudica lontana, fredda e assente mentre si agogna al contrario un’uggiosità empatica e comprensiva: cerebro-dinamiche di un’autrice che cerca di dar spinta al racconto senza riuscire a farlo avviare.

E il diaframma tra treno che non riparte e protagonista ferma immota sul vagone è un ulteriore tentativo abortito miserrimamente, prima di suscitare emozione in chi legge.

Non è dato sapere quanti soldi ha con sé la protagonista per sopravvivere trenta giorni da barbona irregolarmente sprovvista di biglietto all’interno di Roma Termini, ma forse è un dettaglio che scolora nella scheletrica inutilità di un racconto apatico e privo di slanci comunicativi.

Quest’autrice che non regge nemmeno un raccontino, ha esordito con Garzanti, che sicuramente avrà buoni editor e rimaneggiatori di polpette letterarie. “Chapeau!” a questa nuova perla dell’editoria italiana, sperando che possa emanciparsi definitivamente nel corso di una brillante carriera da articolista di “Cronaca Vera”, il giornale per le casalinghe annoiate di Voghera in cerca di nuove emozioni nella nera, a scrittrice vera. A noi per ora pare che di strada da fare ne abbia tanta…troppa! Auguri…soprattutto a chi ha lo stomaco di leggerla!

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