Senza mura©

Senza mura©

Di Fremmy©

 

Senza mura, foto Mary Blindflowers©

 

Appannato, il mio ego
stanco rinsaniva di pellicole trafuganti al senso comune delle cose che mi
circondavano, addentrandosi in muschi colorati giallognoli al tatto di mani
consumate dal dissapore di una sorte già ascoltata e lusingata ogni volta che
ingerivo una soluzione alla fuga dai miei me stesso e colui il quale mi parlava
dentro.

Costipato all’udito di
tremanti ossature alla tempia, tentavo di argomentare con la vista dei miei
giocattoli puntellati al verde di un prato dissipante al mio frequente divorzio
dalla rugiada curva su se stessa.

Fertilizzanti ed aromi
naturali della mia infanzia poco biologicamente allattata da un seno di
plastica e cupe grottesche ilarità da tener nascoste all’orrore della morale
giudizievole di un comitato di ben vestiti giudici figli di caste millenarie
acerbe al superbo.

Erravo al mio, sbandavo
al loro istinto di colorare la solida impalcatura di stelle filanti e zucchero
a velo senza vento in un mare ascendente al vuoto di miseria e pena di me
stesso, la mia indole diversificava le rotte per depistare i porti giacenti
all’inerzia di un maestrale incompiuto sui suoi passi marmorei.

Viaggiavo e tremavo, la
terra era vicina ed io ero lontano dall’attraccare ed esplorare una penisola
fagocitante di rocce e sabbia in disappunto con il mio cuore.

 

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