Il povero diavolo di Menard e il satanismo leopardiano

Il povero diavolo di Menard e il satanismo leopardiano

Il povero diavolo di Menard e il satanismo leopardiano

Di Mary Blindflowers©

 

Double face, oil on canvas by Mary Blindflowers©

«Je ne sais pas s’il existe, mais je crois bien l’avoir rencontré au café Procope… Sa figure n’a rien d’extraordinaire; il ressemble à tout le monde…»

Così Louis Menard, poeta parnassiano dimenticato, amico di Baudelaire con cui purtroppo condivideva l’insana passione per gli stupefacenti, scriveva nel 1876 in una ormai introvabile prima edizione per i tipi di Alphonse Lemerre Editeur in Paris, Passage Choiseul 27-31. Egli si riferiva al Diavolo, un tipo comune, tutto sommato, con cui si può conversare in un Café parigino.

Se Baudelaire nelle “Litanie di Satana”, dipinge Lucifero con toni altisonanti, “principe dell’esilio stretto da ingiusta sorte”, sottolineandone la luminosa bellezza e le capacità, e Carducci nelle pagine de “Il popolo” lo vede “giovin di verde e immortale gioventù”, come gli dei greci, fiaccola e spada, splendente, Menard lo umanizza, lo rende sottile filosofo, trascinandolo bruscamente sulla terra e fregiandolo di una etichetta definente la sua precipua funzione.

Le Diable discetta cortesemente sull’opinabilità dei punti di vista dai quali tutto dipende: «Pour mon père, je suis un fils; pour mon fils, je suis un père; pour mon domestique, je suis un maitre; pour le roi je suis un sujet, qui paye l’impot sans l’avoir voté; pour mon ennemi, je suis un scélérat; pour mon ami je suis un homme avec le quel on ne se gene pas; pour vous, qui me faites l’honneur de discuter avec moi, je suis un adversaire; appelez-moi donc l’Adversaire: voilà l’étiquette demandée».

L’Avversario esiste per contraddire, ogni volta che l’uomo pensa di ottenere una soluzione, egli getterà del nero. Impedirà di dormire nella certezza, che è l’inerzia dell’intelligenza. Cercate dunque sempre. Al vecchio serpente, profeta del mistero a portata di mano, si deve la conoscenza del bene e del male. Il racconto presenta l’idea del Diavolo come necessaria alla riflessione. È l’unica idea che non consente un’ubbidienza passiva, consentendo un contraddittorio gradevole e rilassato. Attenzione però, perché monsieur le Diable è una prostituta al servizio di tutti ed è camaleontico, mai uguale.

Menard viene dimenticato dai programmi ministeriali probabilmente proprio per via dei contenuti anticlericali della sua opera. È improponibile a giovani studenti in formazione in un paese cattolico, la lettura di “Conversazioni col Demonio”. Leopardi invece si legge, si studia a memoria, si recita e si rilegge e si deve imparare. Eppure Leopardi ha stracciato l’etichetta di Menard ossia l’idea che il Demonio possa essere Avversario, ossia che esistano forze che possano opporsi alla sua volontà.

La lotta tra luce e tenebre c’è già stata e la luce è stata sconfitta, non ci sono repliche, né possibilità. Il poeta cantore della nullità di Dio, il sensibile recanatese, che scioglie l’idea del divino nel puro e incontrastabile nulla, a pensarci bene non è forse più “satanista” di Menard?

Il male per il poeta di Recanati irrimediabilmente sofferente di tubercolosi ossea, è nella natura delle cose, indispensabile. Si annida dappertutto, pernicioso Signore incontrastato, senza rivali. La società è Male, la natura contiene un principio malefico ineliminabile. Il Demonio leopardiano regna nel mondo. Arimane, forza arcana, sistema corrotto, produzione e distruzione, serpente boa, nume. E il giusto e il debole saranno oppressi, non c’è speranza nel mondo, perché il Male domina e impera.

Il Diavolo di Menard in fondo è un signore comune, quasi un poveretto che si diverte a creare il dubbio e gioca sulla contraddizione, conversa amenamente in odorosi Caffè, sollecitando la vanità degli uomini.

L’Arimane leopardiano di derivazione zoroastriana, non ha rivali, è un vero e proprio Dio che porta un messaggio di esclusione della speranza, è la dolorosa certezza dell’esistenza del male: “Non ho trovato nessun habitat in cui l’uomo possa vivere tranquillamente, ho sempre trovato luoghi ostili all’essere umano a causa della forza della natura distruggitrice”.

Ahura Mazda è stato definitivamente sconfitto.

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Manifesto Destrutturalista contro comune buonsenso

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