Nichilismo zen? Un nuovo punto di vista

Nichilismo zen? Un nuovo punto di vista

Nichilismo zen? Un nuovo punto di vista

Di Mary Blindflowers©

Kindhearted woman, mixed media on paper by Mary Blindflowers©

Il mu, l’indicibile nulla dello zen è uno spazio dinamico da riempire. Secondo taluni questa concezione si discosta profondamente da quella nichilista occidentale. In realtà non è così. Il nichilismo attivo di Nietzsche ha molto in comune con lo zen. La necessità di credere ad ogni costo viene bandita in entrambi i casi, come sintomo germinale di patologia e distorsione della realtà, in opposizione alle religioni rivelate. L’uomo è solo sulla terra, disperato, piccolo, in balia degli eventi e della cieca sfortuna. Per poter continuare a vivere nel mare travolgente della vita, ha bisogno di uno scoglio a cui aggrapparsi, un Dio da pregare e santificare, una madonna che piange sangue, accollandosi le sofferenze del mondo, un dio torturato, sacrificato e inchiodato ad una croce. Il vuoto zen e nichilista rappresentano entrambi la negazione di quello scoglio, di quella croce, degli dei da calendario. Metodo di distruzione dell’illusione.
Ha forse importanza in Zazen che il Buddha sia esistito o no? Che gli episodi relativi alla sua vita terrena siano realmente accaduti? Provate invece a contestare ad un cristiano l’esistenza di Cristo. Nietzsche non solo contesta ma distrugge l’idea stessa di Dio in nome di un vuoto da riempire. Il nichilismo non rappresenta soltanto un segno di stanchezza dello spirito, benché nella sua forma passiva, possa essere anche questo, ma indica energia e potenza spirituale, tesa verso una ricerca, un’esplorazione, esattamente come lo zen. E c’è chi ancora afferma con convinzione che la morte di Dio è stato il più grande errore dell’Occidente, scordandosi che l’ontologia si riduce alla fine soltanto ad un grande bluff. Dio, morendo, avrebbe lasciato un “vuoto di senso” ineliminabile. Chi sostiene questo e se ne addolora, non si rende conto della reale necessità e superiorità del vuoto rispetto a Dio stesso. Il vuoto lascia che l’uomo agisca, che abbia la forza per rendersi conto della realtà e costruire una nuova morale. Il vuoto serve per costruire una nuova energia che supera la superficie dell’oggetto. Il vuoto è ricerca. Per questo lo zen lo ama e il nichilismo lo crea, cercando di superare il naturale terrore che esso ispira a tutti gli uomini.
Ci vuole coraggio per svuotare il caos, perché lo scoglio del caos è comodo nel mare della vita. Ci si può aggrappare con entrambe le mani, cullandosi nelle proprie illusioni. Ma arriva il momento del risveglio, arriva il momento in cui si rende necessario aprire gli occhi e avere il coraggio di sgombrare il campo dalle ombre, dalla doxa e da falsi dei costruiti a tavolino e nati da improbabili vergini. Soltanto così si potrà vedere e toccare la consistenza del vuoto senza temerlo, soltanto così, l’attività dello svuotare, darà i suoi frutti. Svincolarsi da ogni dogma, da ogni preconcetto, e pensare come una nuvola che corre nel cielo. Questo non è annullamento ma raggiungimento di una nuova consapevolezza. Morire per poi rinascere, un po’ come facevano gli alchimisti, che dal nero assoluto e dall’indifferenziato postulavano una seconda nascita. Così accade, che a pensarci bene, il nichilismo attivo di Friedrich Nietzsche con la sua volontà di potenza mai cristallizzata ma sempre rinnovantesi nell’esplorazione di nuove riempitive possibilità, appare più zen di quanto possa sembrare ad una superficiale e preconcetta analisi. Niente punti di vista conclusivi. La ricerca del vuoto non ama la preconfezione “consola-anime”. Il vuoto da riempire scioglie ogni certezza, la annienta in nome di più elevate pulsioni vitali, di energie che l’uomo possiede ma spesso dimentica di avere. Conoscere diventa così un riportare qualcosa a qualcos’altro, un regressus in infinitum.
In questo senso il nulla non può essere ridotto alla realtà ontologica, perché tutto è nulla, sia l’essere che il non essere. Il nulla non è sic et simpliciter la negazione della presenza o l’assenza della presenza. L’io stesso è nulla, un’illusione. Tutto è nulla. Lo zen non ragiona per negazioni, perché la negazione conduce sulla strada di falsi problemi. Nulla non è assenza di presenza, di idea o di essere. Non è legato a doppio filo con l’io, l’astrazione o la ricerca ontologica. Nulla è semplicemente spazio da riempire di nuove possibilità.
Heidegger diceva che il nulla è muto, solo energia. Il buddhismo supera la metafisica per vedere il tutto nel nulla intimamente legato al tutto. I motti zen hanno lo scopo di distruggere gli schemi preimpostati del pensiero, nello sforzo di nuove connessioni. I kouan, infatti, trascendono il buon senso con lo scopo di creare un vuoto mentale che favorisce la riflessione. E come il nichilismo attivo, lo zen distrugge l’opinione volgare, crea un vuoto conseguente alla distruzione e invita a pensare tramite paradossi logici. Distrugge il dio del pensiero comune, per costruire una nuova libertà. Anche il coraggio di dire, “io non sono” perché ogni definizione è dubbio, è un passo avanti sulla strada dell’esplorazione della forza graffiante e caleidoscopica del nulla.

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Manifesto Destrutturalista contro comune buonsenso

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